Calcio italiano in crisi, e videogame resta più colpevole che alleato

“Il nostro calcio non piace ai giovani, è vecchio, mio nipote dopo 10 minuti del Napoli va a giocare a Fortnite facendomi arrabbiare”. Così il presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, a margine del forum ‘Il calcio che vogliamo’ realizzato dal Corriere dello Sport. Invece di chiedersi il perché di questo comportamento eccoci dunque, in Italia, a rinchiudersi dietro frasette un po’ ottuse. Peccato che proprio un presidente con le potenzialità industriali di De Laurentiis (che è produttore cinematografico e il mondo dello spettacolo dovrebbe conoscerlo bene) non abbia ancora fatto nulla in ambito esports. E mentre poco altro si muove una Serie A virtuale resta un sogno.

“Il nostro spettacolo non è più per giovanissimi, ma per vecchi – ha continuato De Laurentiis, spostando la polemica anche sull’organizzazione -. Poniamoci il problema: come proporlo? La più grossa cazzata del mondo è comprare giocatore e poi fare solo tre cambi, ma dove sta scritto? Siamo industriali o no? Dobbiamo essere dipendenti da FIFA e UEFA o solo dal mondo dell’impresa del calcio che dovrebbe autogestirsi a livello nazionale ed europeo? Arriverà sempre qualcuno di vecchio, istituzionalizzato, che poi ci creerà regole che non andranno bene”.

Se qualcuno si aspettava un’apertura, magari parziale, agli esports, tuttavia, questa non c’è stata. Allo stesso forum ha partecipato anche il presidente della Figc, la Federazione italiana giuoco calcio, Gabriele Gravina, che ha parlato di una rivoluzione della serie A che, di fatto, resta però calcificata sugli stessi storici stilemi: ”Il calcio sta vivendo una crisi che ha bisogno non tanto di regole ma di un nuovo cambiamento. Deve cambiare verso. In maniera molto provocatoria, avevo parlato di playoff e playout in Serie A (più o meno come nel basket, ndr). E una modalità per aprire un confronto.”

Nessuna apertura, dunque, a nuove forme di intrattenimento rivolte ai giovani, sull’esempio di quanto avvenuto con Fifa in Spagna, in Inghilterra e avviene da tre anni in Germania con pro player legati alle società di calcio “reali”, impegnati in leghe virtuali. Da qui a settembre manca ancora molto, di certo abbiamo registrato l’interesse di qualche altra grossa società calcistica nel mondo degli esports (probabilmente una milanese), ma fino a che il videogioco viene visto come un nemico, la strada sembra sbarrata.

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