Dopo gli sviluppi della scorsa settimana parlano i responsabili di Gec. Piena soddisfazione per gli sviluppi in ambito europeo, mentre definiscono critica la situazione italiana, ridimensionando il cammino avviato dal Coni con Barbone. Ma andiamo con ordine e iniziamo mettendo i proverbiali puntini sulle “i”.

La scorsa settimana è nata la Federazione Europea degli Esports, e dalle notizie molto parziali raccolte in rete il nuovo soggetto pareva celare un giallo riguardante l’Italia. Complici il finesettimana, il bombardamento mediatico causato dal Coronavirus e la difficoltà di reperire notizie precise, pareva proprio che l’Italia non fosse presente a Bruxelles, e fosse stata citata solo a sproposito.

Niente di tutto questo. Ed eccoci dunque a fare una doverosa rettifica, perché l’Italia a Bruxelles era rappresentata eccome! Alla presentazione del nuovo progetto della Esports Europe Federations al Parlamento europeo per l’Italia c’era Gec (Giochi Elettronici Competitivi), il settore di Asi Nazionale che si occupa di Esports, vale a dire il soggetto attualmente più quotato (stando al lavoro fatto concretamente negli ultimi anni) per rappresentare i videogiochi competitivi.

A monte, purtroppo, c’è quello che potremmo definire il “peccato originale” degli esports, almeno per quanto riguarda l’Italia: il fatto che pressoché tutti coloro che ci lavorano (a parte qualche organizzazione big) si affidino a una comunicazione parziale (quando non del tutto assente) affidata perlopiù ai social; e anche sui social si tratta di una comunicazione gestita spesso in modo purtroppo un po’ dilettantesco; senza comprendere che la comunicazione è un’altra cosa. E se già la comunicazione (e di conseguenza il mondo dell’informazione) già normalmente fa nascere equivoci, figurarsi quando la comunicazione è carente. L’auspicio è, ovviamente, che ciò faccia da sprone a lavorare un po’ meglio anche su questo aspetto, non certo secondario per il settore.

Detto ciò, l’equivoco ci ha dato modo di approfondire la questione parlando direttamente con i protagonisti. Comprendendo che quanto accaduto la scorsa settimana a Bruxelles ha posto le base per la creazione di un organo internazionale che ha le potenzialità per cambiare veramente le sorti degli esports, almeno in questa parte del mondo. “C’è stato un grande lavoro di preparazione – ci ha spiegato Jacopo Ierussi, Responsabile Affari Legali di GEC – ai partecipanti sono stati chiesti statuti, visure, documenti approfonditi sulla loro attività (cosa che ha portato all’autoesclusione di alcuni soggetti, ad esempio, ndr). Di fatto sono state vagliate moltissime informazioni in modo da raccogliere a Bruxelles, dopo oltre un anno di lavoro, quanto di meglio ogni paese può offrire nell’ambito della gestione degli esports.

L’Italia, dunque, aveva Gec a rappresentarla. A Bruxelles assieme a Jacopo Ierussi c’era anche Giorgio Pica, che di Gec è il presidente. Una realtà che, ad oggi, rappresenta più del 95% delle attività esportive in Italia, e che da venerdì scorso a Bruxelles è diventata parte integrante della neo costituita Esports Europe (Eef), la prima Federazione Europea degli Esports. La Eef, come detto, è attualmente composta da 23 federazioni rappresentanti i rispettivi paesi d’origine. “Attualmente mancano ancora Francia e Spagna – ha aggiunto Ierussi -, ma la loro adesione è semplicemente in stand-by in attesa di definire alcuni accordi interni al loro paese”. L’incontro di Bruxelles risulta così esser stato un evento che fissa una pietra miliare per gli esports del Vecchio Continente. Alla presentazione ha partecipato anche Esl, Electronic Sports League, che ha inviato la sua Head of National Championship, Ana Oliveras Davì.

L’obiettivo di Gec è quello di promuovere, aderendo alla Eef, un’identità Europea degli esports italiani. Si tratta di un traguardo importante, che peraltro giunge a pochi giorni da dall’incontro sugli esports tenutosi nella sede del Coni, alla presenza del Presidente Malagò.
L’idea è che proprio il Coni – riporta una nota di Gec – prendendo atto anche di questa nuova partecipazione di Gec, che consolida l’ecosistema esportivo italiano, riconosca a Gec il ruolo di primaria forza aggregatrice in questo settore e che promuova le iniziative ritenute opportune per supportarlo”.

“Gli ultimi anni – ha spiegato Pica, raggiunto telefonicamente – ci hanno visti crescere ed evolvere. Abbiamo lavorato sia su attività politiche ed istituzionali che sullo sviluppo del business per le società italiane che operano nel settore esports. Il fenomeno dei giochi elettronici competitivi è sempre più globale e come settore sportivo vogliamo assumere un ruolo sempre più internazionale, per promuovere le attività italiane all’estero, favorire l’accesso al mercato italiano degli operatori stranieri, sviluppare una linea comune di crescita insieme agli altri paesi dell’Unione Europea”.

“Vorremmo essere in prima linea – ha continuato Pica -, lo abbiamo detto più volte. Anche l’appuntamento al Coni, della scorsa settimana, ci ha fatto comprendere che in Italia non siamo in alto mare, ma siamo in mezzo all’oceano. Nessuno, o pochissimi, sa di cosa stiamo parlando. Gli argomenti e le eventuali problematiche evidenziate fanno capire che spesso chi ne parla non conosce la materia, e chi le conosce usa termini tecnici che non riescono a far presa, non riescono a convincere. Purtroppo dire che si deve attendere il via libera del Cio significa dover attendere tempi biblici. In tutto questo finora, a livello italiano, Gec non è coinvolta in alcun modo, anche se ci siamo proposti più volte, rappresentando più del 90% del movimento. Al momento non mi sembra una gestione molto democratica”.

In merito agli sviluppi europei, e alla partecipazione di Gec alla creazione di una Federazione europea degli esports, Giorgio Pica si definisce “supercontento”. Pienamente soddisfatto, per lui quanto accaduto a Bruxelles è “il riconoscimento di anni di lavoro. Dopo 20 anni di carriera entrare al Parlamento europeo a rappresentare l’Italia è stata una bella soddisfazione. Tecnicamente la Federazione europea è stata fondata, ora però inizia il lavoro vero: soprattutto servirà creare delle iniziative per fare conoscere il più possibile il nuovo organismo. Ora vedremo come organizzarci concretamente con il lavoro”.