Nuovo appuntamento con Fabio Ferrotti che continua a spiegarci cosa significa essere un pro player (e come diventarlo). Fabio completa oggi un discorso su una tematica specifica che può sembrare strana per chi non conosce gli eSports: la capacità di giocare non è tutto! Uno degli aspetti importanti di un pro player, come abbiamo visto, è la cura dell’immagine, anche virtuale, sui social. Social network che sono fatti di persone, e che dunque significano relazioni e capacità di adattamento. E’ questo il terzo aspetto che ora andiamo a scoprire.

Come abbiamo già visto oggi non può esistere un Pro Player, un vero giocatore professionista, che non si crei una sua audience, un suo pubblico e che non utilizzi i social media. Certo, è importante riuscire ad emergere dimostrando effettivamente di essere il più forte di tutti, per acquistare prestigio. Non sei “nessuno” mediaticamente? Vinci e tutti ti vorranno… ma poi si torna al punto di partenza. Dopo aver vinto, dovrai necessariamente rappresentare il tuo team e quindi continuare a costruirti una tua audience.

La realtà dei fatti è che oramai tutti si definisco Pro Player nel mondo del gaming, ma di veri e propri Pro Player in Italia ce ne sono davvero pochi. Forse basta una sola mano per contarli. Essere un giocatore professionista vuol dire allenarsi molto, sia in postazione gaming che fisicamente in palestra, vuol dire fare una corretta alimentazione, vuol dire lavorare su se stessi a livello di sviluppo personale… Ma quello che voglio sottolineare ora è l’importanza del lavoro mediatico.

Anche se si fa parte di una grande organizzazione occorre essere imprenditori di se stessi, a 360 gradi. Oggi non può esistere un Pro Player nel mondo che non abbia un profilo sia competitivo, di marketer di sé stesso, che di intrattenitore e soprattutto che sia una persona pratica e pronta al cambiamento. Se oggi un gioco va per la maggiore, finita la “moda” il vero giocatore professionista è pronto e capace di migrare su un altro titolo a lui più adeguato e più in voga.

Il difficile in tutto questo? Già, ciò che è veramente difficile è farlo riuscendo a portarsi dietro il proprio pubblico. Quelli che non hanno queste caratteristiche, questa capacità di creare relazioni che vanno oltre al gioco, non potranno ambire a diventare veri e propri Pro Player. Chi aspetta che una organizzazione o un team faccia tutto questo per lui non sarà mai un giocatore professionista, ma resterà solo un appassionato che tende ad attribuirsi il titolo di Pro Player.

Concludendo voglio ribadire appunto questo concetto: non autodefinitevi Pro Player! Essere realmente giocatori professionisti è molto, molto di più che essere “semplicemente” bravi in un videogame e soprattutto, per essere definiti Pro Player, ricordate che dovrete avere un introito che giustifichi tale titolo, ma anche non trascurare gli aspetti che abbiamo visto: perché cura dell’immagine, comunicazione sui social e relazioni, sono assolutamente parte del gioco.

 

Esperto in comunicazione d’immagine e marketing da oltre 15 anni, ha lavorato in aziende come Apple, L’Oreal, Gucci, Qlash, GameForge…
Da Manager eSport nell’anno 2018 ha vinto due Europei (VPL e EPL) ed ottenuto una seconda posizione alle VPL World Invitational di Los Angeles. Host, formatore ed informatore nel ramo sport ed esport. 
Ex Game Manager di Qlash ha gestito giochi come Fortnite, Vainglory e NBA2k.