La dipendenza da videogioco, gaming disorder, è stata inserita dall’OMS nell’elenco delle malattie che interessano la specie umana. La novità, che arriva forse un po’ a sorpresa dopo i pareri contrari di ISFE (Interactive Software Federation of Europe), UKIE (Association for UK Interactive Entertainment) ed ESA (Entertainment Software Association), è stata comunicata qualche giorno fa, dopo che l’OMS, riunitasi nella 72esima World Health Assembly, ha deciso di inserire il gaming disorder nell’aggiornamento dellala nuova classificazione internazionale delle malattie che entrerà in vigore il 1° gennaio 2022. Questa notizia fa scaturire ovviamente più di una considerazione, soprattutto per quanto riguarda il nostro Paese.

Prima questione, dunque: ci si potrà ammalare solo dal 1° gennaio 2022, e nel frattempo? Nel frattempo chi ha una problema analogo, o meglio, chi conosce qualcuno con un problema analogo (dato che il “malato” difficilmente se ne rende conto), può far riferimento a qualche specialista (uno psicologo, un counselor). Il gaming disorder causa la perdita del controllo della quotidianità, con il gioco che prende il sopravvento, con conseguenze inevitabili poi sullo stile di vita, ma è un disturbo che si aggiunge ad altri già da tempo individuati, come la dipendenza da gioco d’azzardo, come la dipendenza da internet, e probabilmente qualche consiglio utile, nonostante la specificità del problema, si può comunque già trovare.

Ma c’era bisogno allora, di identificare un nuovo disturbo così specifico? Probabilmente sì. Il gaming disorder è una problematica legata al comportamento e allo stile di vita dell’individuo. Come per altri tipi di dipendenza è molto probabile che a monte i problemi dei gamedipendenti siano altri (di carattere famigliare, sociale…), ma come avviene per altri tipi di dipendenza entrano in gioco aspetti specifici che vanno analizzati e probabilmente trattati con precisione: la gratificazione che dà il gioco; la stimolazione che le luci, i colori e le musiche provocano sul cervello; questioni fisiche come la postura, la nutrizione e la pulizia del corpo. Occorre studiare tutto ciò anche per capire a cosa dare la priorità in caso di intervento.

Ma chi e come si occuperà di questi problemi? Eh già, stando al pregresso è molto probabile che si proceda con una ridefinizione dei servizi esistenti. Conoscendo quanto è accaduto in Italia con le problematiche legate alla ludopatia (in carico ai SerT, Servizio tossicodipendenze), c’è da augurarsi una maggior chiarezza nella definizione dei ruoli e, soprattutto, a monte, nell’assegnazione delle risorse. Ci saranno corsi da realizzare, persone da formare, strutture da riadattare e, in generale, servizi da ripensare anche in modo radicale. E tutto ciò significa soldi che la politica deve destinare a queste attività. Considerando quanto è successo con altre dipendenze simili ci si aspetta che l’Italia abbia ormai appreso la lezione. Soprattutto che chi dovrà decidere si ricordi di due termini importanti: educazione e prevenzione.

L’altra necessità, come sempre, ha a che fare con il nostro lavoro, ossia con l’informazione. E’ necessario fare buona informazione, analizzare le notizie e comprenderle, per evitare la demonizzazione del videogioco (oggi troppo spesso messo alla berlina da stampa e tv generalista). E’ necessario scongiurare quanto è avvenuto negli anni recenti, in Italia, con il gioco d’azzardo, dove un’intera industria già ipercontrollata e regolamentata, è stata affossata da una visione miope e populista che ha banalizzato l’analisi politica e ideato soluzioni un po’ ridicole al problema: basti pensare al divieto di pubblicità e ai distanziometri che, nell’era del perennemente connessi, è un po’ come se a Venezia volessero fermare l’acqua alta a mani nude. Allo stesso modo soluzioni dettate dalla pancia che, in tal caso, penalizzassero l’industria videoludica, non avrebbero davvero alcun senso.