Fin dal primo evento ufficiale targato BlueHole e Tencent i coreani hanno sostanzialmente dominato, facendo valere le proprie abilità e applicando su PlayerUnknown’s Battlegrounds tutto il know-how acquisito negli anni precedenti negli altri titoli esport che hanno reso famosa la nazione di Seul. Primi fra tutti gli SK Telecom, oggi T1, che hanno conquistato il primo mondiale del titolo Battle Royale. Non è quindi un mistero che i coreani fossero i favoriti nella prima edizione della Nations Cup, nuova competizione che oppone giocatori di nazionalità diverse, disputata dal 9 all’11 agosto con 500.000 $ di montepremi. 

Sedici le nazioni partecipanti: dall’Argentina a Taiwan, dall’Australia al Vietnam, passando per la Corea del Sud che ha ospitato l’evento nella Jangchung Arena della capitale. Dati per favoriti da tutti i bookmakers, i coreani hanno inizialmente mantenuto fede ai pronostici, portandosi subito avanti nei primi tre giorni di competizioni. Trascinati dal calore del pubblico di casa, i giocatori coreani hanno commesso uno degli errori forse più gravi a livello sportivo: sentirsi già la vittoria in tasca, o aver paura di ottenerla. Quel “braccino”, preso in prestito a livello di gergo dal tennis, che spesso e volentieri colpisce i tennisti a un passo dalla vittoria, non ultimo l’immenso svizzero Roger Federer nella finale di Wimbledon contro il serbo Novak Djokovic

Negli ultimi tre match della competizione i coreani, in quel momento con un netto vantaggio sui diretti concorrenti, i russi, hanno preferito giocare in modo troppo remissivo, evitando il più possibile gli scontri e il confronto diretto con i team avversari. Una strategia che ha limato sempre più il vantaggio costruito precedentemente, consentendo alla Russia di presentarsi all’ultimo match con la possibilità concreta di conquistare il primo posto. Per chi non fosse un assiduo frequentatore di PUBG, al momento i tornei sono disputati su più match: ogni squadra conquista un determinato numero di punti in ogni match in base al posizionamento finale e alle uccisioni ottenute. La somma presenta poi la classifica definitiva.

Sono stati 15 i match giocati in totale. Sette sono stati i podi della Corea del Sud nei primi dodici round, contro gli appena quattro della Russia. Ma nel 13esimo e 14esimo la Federazione ottiene un primo e un secondo posto, entrambi con 10 uccisioni, contro il tredicesimo e l’ottavo posto dei coreani. Troppo poco per i ragazzi di Seul per continuare a mantenere le mani sul trofeo: al 15esimo e ultimo round gli orientali si presentano con appena due punti sopra i rappresentanti di Putin. Due punti che vengono definitivamente superati; non tanto per il posizionamento, nono per i russi e decimo per i coreani, che in entrambi i casi vale 0 punti in classifica, quanto per il numero di uccisioni: 7 a 0.

La Russia ha conquistato la prima edizione della Nations Cup di PUBG ma le polemiche scaturite da alcune decisioni della direzione di gara ne hanno oscurato i meriti. In particolare la Corea del Sud ha sperimentato la disconnessione di un suo giocatore durante una delle utlime decisive partite, morendo poi nella Tempesta. Disconnessione che, secondo il regolamento, non comporta alcuna misura d’intervento. Nonostate il coach della Corea, Seong “WatchinU” Hu Bae abbia tentato di smorzare i toni, affermando che il risultato sarebbe stato identico, il pubblico coreano ha avuto una reazione più focosa. Un segnale che non può essere ignorato: deve necessariamente essere trovato il modo per intervenire in caso di disconnessione.

Oltre ai bug e alle disconnessioni, poi, anche un altro aspetto ha indubbiamente influenzato la competizione. Il russo Ivan “ubah” Kapustin dei Faze Clan, considerato uno dei migliori giocatori al mondo, ha sottolineato come “le squadre asiatiche hanno giocato in modo più aggressivo.” La motivazione risiede nella decisione della direzione competitiva di assegnare l’ultimo slot delle Global Championship 2019, il mondiale di PUBG, alla regione asiatica che avrebbe terminato la Nations Cup più in alto in classifica. Un incentivo extra che le altre regioni, ovviamente non avevano: “Non è stata una competizione equilibrata: loro giocavano per qualcosa in più che noi  non avevamo. Inutile dire che non conti: anche solo a livello psicologico avevano chiaramente una marcia in più che ha avuto un impatto significativo sulle prestazioni individuali e di squadra. Modifica totalmente la dinamica del torneo.”

Le buone notizie arrivanoi invece dal racconto dell’evento. Secondo quanto riportato da Esports Charts, la Nations Cup ha permesso di raggiungere il picco di 470.000 spettatori contemporanei, una cifra che solitamente non contraddistingue PUBG. Il motivo è uno ed è facilmente riconoscibile, come ha ammesso il caster Jake “Zenox” Brander: “Semplice: è molto più facile sostenere la squadra del proprio paese, identificarsi con essa, piuttosto che tifare per un’organizzazione esport, soprattutto se non è una tra quelle già conosciute in altri titoli e che può vantare una fanbase numerosa. Verosimilmente ci sono stati migliaia di spettatori per la Nations Cup che di solito non seguono gli eventi competitivi di PUBG.”