Fa rumore la medaglia d’oro conquistata dall’iraniano Javad Foroughi nella pistola 10 metri. L’atleta è infatti uno dei Guardiani della Rivoluzione islamica, un corpo armato che avrebbe al suo attivo una serie di uccisioni di oppositori iraniani e di civili in Iraq, Siria e Libano.

Meglio dirlo in partenza: la lentezza (apparente) con la quale si muove il Comitato olimpico internazionale (e tutti i grandi decisori mondiali e locali) è una garanzia. Serve tempo per raccogliere informazioni, vagliarle e prendere la giusta decisione. Questo vale per lo sport, per la politica, per la giustizia, per le questioni di salute… Quella che, da fuori, appare come una lentezza esasperante, spesso (sì, non sempre, ma spesso) è una garanzia che la decisione finale presa è la migliore possibile.

Ed è sulla base di questo che il mondo sportivo continua ad aver fiducia nel Coni anche di fronte all’ultimo caso, quello che ha visto assegnare una medaglia d’oro a Tokyo al 41enne tiratore iraniano Javad Foroughi, che stando alle notizie che girano in rete, riportate quest’oggi anche da Gazzetta.it, sarebbe un membro dei Guardiani della Rivoluzione islamica. Un gruppo armato paramilitare che ha al suo attivo una lunga serie di omicidi. Di oppositori interni, ma anche di civili di paesi limitrofi, come l’Iraq, la Siria e il Libano.

In Iran i media principali osannano l’atleta raccontando che si tratta di un infermiere che ha scoperto la passione per il tiro a segno con la pistola tra 2013 e 2015, nei tempi morti del suo lavoro, mentre prestava servizio in Siria. Notizie che sono smentite da oppositori e attivisti, che asseriscono invece l’appartenenza di Foroughi al gruppo pseudoreligioso (l’Irgc è una branca dell’esercito nazionale iraniano), e che chiedono al Cio di intervenire ritenendo inammissibile la premiazione di un terrorista.

Il Cio, da parte sua, ha chiesto prove, dicendosi disponibile a rivedere il podio, ma non è questo il punto. Ancora di più oggi, stride, per noi che ci occupiamo di sport elettronici, quanto il Cio ha sempre dichiarato in relazione ai “suoi” virtual sport, ossia il fatto che mai e poi mai saranno presi in considerazione giochi nei quali si utilizzano armi.

Già lascia perplessi il fatto che continuino ad esserci presenti, in una manifestazione come le Olimpiadi, sport che prevedono il contatto fisico violento e l’utilizzo di armi, in particolare quelle da fuoco. Perché allora dire no a chi spara solo dei byte a un’altra manciata di byte?

E poi lascia perplessi il fatto che non vi sia un accurato controllo preventivo sugli atleti, sul loro pregresso e sull’appartenenza ad eventuali gruppi i principi dei quali si siedono sempre dalla parte opposta rispetto a quelli olimpici.

Ok, spetta alle federazioni nazionali garantire la validità dell’atleta, ma su certe questioni dal Comitato olimpico è giusto pretendere maggior chiarezza. Se non è stato possibile farlo prima, che almeno il Cio dica ora, il prima possibile, il senso di dire no a Fornite, lasciando una medaglia a chi porta sulla maglia uno stemma con un mitra al centro.