Match fixing, un fenomeno vasto e ancora troppo frequente

In ambito esports ne abbiamo parlato spesso, anche di recente. Il triste fenomeno del match fixing, il truccare le partite accordandosi con gli avversari sul risultato finale, pare tuttavia non conoscere confini, e nemmeno distinzione tra discipline. E poco importa che alcune di queste abbiamo molte telecamere puntate addosso, come il calcio, ad esempio. “Il pallone”, infatti, non condivide con gli esports solo gran parte dei suoi fan, tanto che pure Andrea Agnelli si spaventa del successo di Fortnite. Calcio e esports condividono anche molti problemi, come il match fixing, appunto, piaga che segna purtroppo anche molte altre discipline.

A parlarne senza timori, qualche giorno da a Roma, è stata la portoghese Rute Soares (in centro, nella foto di copertina), paladina della giustizia sportiva, nel suo ruolo di Head of Integrity and Compliance of the Portuguese Football Federation and UEFA Ethics and Disciplinary Inspector, durante l’evento Anti Match-Fixing Top Training (AMATT) International Conference, che si sta tenendo a Roma presso il CONI. Un discorso, il suo, riportato da Agimeg, e che proponiamo in quanto la riflessione, estrapolata dall’esperienza calcistica, si può applicare a qualsiasi disciplina, esports compresi.

“In Portogallo il match-fixing è purtroppo un fenomeno molto frequente e molto vasto – ha spiegato Soares, parlando dell’esperienza del suo Paese -. Dalla mia esperienza ho capito che si può verificare ovunque e ci sono molti rischi che possa capitare sia nelle categorie più basse sia in quelle più alte. Il settore è a rischio e tutti devono contribuire con misure che possano prevenire e proteggere il settore dello sport. La credibilità, la trasparenza e l’integrità sono i tre pilastri della nostra unità ed è ciò che trasmettiamo ai club, agli allenatori e ai giocatori. Per il futuro sarebbe ottimo se le persone comprendessero che l’integrità non è solo qualcosa di astratto, ma qualcosa da perseguire”.

La riflessione di Soares è stata confermata anche da Roberto Ribaudo, Director of the 3rd Interpol Division, che parlando della situazione italiana, ha ricordato che “il fenomeno del match-fixing qui è presente dal 1989, quindi siamo ben consapevoli dei rischi. Tutte le nostre forze armate sono preparate a prevenire e combattere il rischio di match-fixing. Tutti gli sport possono essere intaccati da questo tipo di fenomeno ed è ciò che lo rende difficilmente prevedibile. È importante che le forze dell’ordine abbiano le capacità e le competenze per poter prevenire, abbiamo dei progetti in merito. E’ necessaria la cooperazione a livello internazionale. Il nostro approccio è basato sull’idea che prevenire è meglio che curare, quindi cerchiamo di monitorare i flussi di scommesse e i club. In Italia c’è una grande cooperazione tra le forze dell’ordine e c’è un continuo scambio di informazioni. Dal nostro punto di vista, noi stiamo ampliando le unità che possono ricevere i dati e comprendere ciò che accade di strano nei flussi di scommesse”.

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