Abbiamo avuto la possibilità di intervistare una delle figure più seguite su Youtube, oggi anche fondatore e co-owner di un team esports.

Il team Esport Revolution sta trovando sempre più il proprio spazio nel panorama competitivo italiano grazie agli importanti risultati maturati in diversi titoli, tra tutti Virtual Regatta e Rocket League, ma anche per merito delle persone che lavorano quotidianamente dietro le quinte per renderla un’organizzazione di punta. Tra i fondatori troviamo anche Tony Tubo, all’anagrafe Antonio Mercogliano, personaggio storico del web e tra i primi in Italia ad aver saputo trasformare la propria passione per i videogiochi in una professione come youtuber e streamer. 

Lo abbiamo intervistato per scoprirne di più su di lui e sulla sua passione per gli esports. Una carriera mediatica costruita su Youtube e successivamente anche su Twitch: perché puntare sugli Esports ora?

In primis ho voluto puntare sugli esports per passione. Sono un videogiocatore che adora la competizione e ama le varianti multiplayer dei videogiochi. In secondo piano perché questo settore ha un potenziale di crescita enorme: all’estero, e parlo di Asia e Stati Uniti soprattutto, è già una realtà affermata che continua a crescere giorno per giorno. In Italia siamo un po’ indietro rispetto a quello scenario ma le strade ci portano in quella stessa direzione.

Il gaming e il gaming competitivo sono sempre più vicini e ormai inseriti all’interno del grande contenitore esports in quanto intrattenimento: quali sono i punti di contatto e le differenze secondo te?

Da tempo i maggiori videogiochi hanno dato la possibilità all’interno del gioco stesso di partecipare al competitivo. Per i più giovani può sembrare una cosa scontata ma chi come me videogioca da tanto tempo sa che il mondo competitivo è stato supportato per tanti anni da siti ed enti esterni che organizzavano tornei. Questo ad oggi permette a chiunque compri il gioco di ritrovarsi anche senza volerlo a competere per le classifiche più importanti. Poi ovvio che solo chi ha un certo modo di approcciare il gioco e una certa preparazione ci riesce, ma rappresenta in ogni caso una spinta a volersi migliorare, sempre.

Di quali progetti esports ti stai occupando in questo momento?

In questo momento mi sto dedicando allo sviluppo della Gaming House Revolution: lo scopo è avvicinare quante più persone al mondo esports tramite le nostre postazioni e le nostre conoscenze del settore. Ho riscoperto la bellezza del lavoro “offline”: per uno come me abituato a comunicare solo “online” è bellissimo parlare a ragazzi che si vogliono avvicinare al settore e consigliare loro come performare al meglio. La realtà delle Gaming House è sicuramente un passo importante per far crescere il settore Esport in Italia.

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Come mai hai voluto fondare in prima persona un team esports, gli Esports Revolution, anziché ad esempio collaborare con uno già attivo?

Ho fondato Esport Revolution nel 2017 per continuare un progetto che avevo avviato con la società di calcio dell’Empoli, appunto l’Empoli Esport. Dopo un anno di lavoro come influencer del team il progetto stava cessando di esistere per motivi burocratici e allora, preso dalla passione per quel progetto, decisi di fondare l’ASD Team Esport Revolution. In realtà aveva il solo scopo di gestire il brand Empoli nel settore del gaming competitivo ma nel corso degli anni mi sono reso conto che in realtà il mercato offriva grandi possibilità e che quindi avrei fatto meglio a investire in prima persona, mettendoci la faccia. Poi il caso ha voluto che a dicembre 2019 sia stato contattato dal mio attuale socio Diego Trinchillo, con cui abbiamo intrapreso un discorso di investimenti e di progetti da realizzare. E così a gennaio 2020 nasce Revolution.

Che bilancio faresti di questo primo periodo nell’esports?

Sono tanti i sacrifici, sono tanti gli investimenti e sicuramente in questo periodo storico non è facile monetizzare con gli esports: in questo momento le uscite sono maggiori delle entrate, senza dubbio, ma per chi ha un background imprenditoriale sa benissimo che nelle nuove attività bisogna investire tanto per raccogliere i frutti dopo diverso tempo. Sono felice perché grazie all’esports ho raggiunto dei traguardi personali molto importanti, ho fatto da docente in corsi dedicati, ho ricevuto inviti in televisione per parlare di esports, quindi sono felice di aver preso questa strada. Sono sicuro che col tempo i risultati arriveranno.

A cosa puntate per il futuro?

La valorizzazione del territorio è la sfida più grande che ci stiamo ponendo adesso. Venendo noi da un territorio storicamente non facile, la provincia di Napoli, sentiamo il bisogno di avvicinare quanti più ragazzi a questo mondo. I videogiochi, se fatti in un certo modo, sono soprattutto socializzazione e aiutano i ragazzi più fragili a uscire da momenti difficili. Noi di Revolution vogliamo combattere lo stereotipo del ragazzo da solo in camera che gioca per ore davanti alla tv, vogliamo far capire che ci sono strutture dove i ragazzi possono passare in compagnia due o tre ore al giorno, giocando in un ambiente sano e pulito, e grazie ai videogiochi farsi nuovi amici e socializzare diventando un fattore aggregante.