Cosa gli esports devono imparare da Zelda: Tears of the Kingdom

Il nuovo capolavoro di Nintendo ha una lezione fondamentale da impartire agli esport

The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom è un capolavoro. Raramente testate giornalistiche di settore e non sono state più d’accordo tra di loro nel definire un videogioco imprescindibile e, soprattutto, il nuovo standard di eccellenza. Abbiamo passato 100 ore in compagnia di Link e possiamo confermare che ci siamo trovati davanti, come con Breath of the Wild, a un vero e proprio fenomeno generazionale che segnerà in modo indelebile lo sviluppo videoludico dei prossimi anni. La facilità di apprendimento dei comandi, l’intuitività degli enigmi e la soddisfazione viscerale del combattimento sono solo alcuni degli elementi che rendono grande questo gioco ma ce n’è uno in particolare che lo ha reso un capolavoro: la creatività assoluta.

Cosa gli esports devono imparare da Zelda: Tears of the Kingdom

Se non foste stati ancora travolti dai meme e dalle clip sui social e in rete, Tears of the Kingdom ha sostanzialmente dato ai giocatori dei trucchi (in inglese cheat codes) nella forma di abilità di gioco. Si può passare attraverso i soffitti in determinati punti ma soprattutto si possono costruire macchine, robot volanti, zattere e migliaia di altre invenzioni come nessun gioco ha mai osato prima d’ora. Il producer Eiji Aonuma e il game director Hidemaro Fujibayashi hanno detto a Polygon che “imbrogliare è divertente” e questa è la grande lezione che gli esport devono imparare da The Legend of Zelda Tears of the Kingdom.

Prima che vi scateniate nei commenti una precisazione: non ci stiamo riferendo al barare nelle partite competitive usando codice malevolo o hardware vietato. Queste pratiche sono da condannare sempre e comunque e non hanno spazio in nessun ecosistema competitivo. Ci riferiamo a quello che Overwatch fa nella sua modalità arcade Chaos Totale. Lì i tempi di cooldown delle abilità sono dimezzati e la salute raddoppiata così come la velocità di caricamento della ultimate. Il risultato è, come dice il nome della modalità, un completo caos che spesso è fonte inesauribile di risate e divertimento. Ma si potrebbe andare oltre, immaginate una modalità di Valorant con il 100% di auto-aim o un modo di giocare a Starcraft 2 con la generazione infinita e costante di unità. Implementare un modo più leggero di giocare che “rompe il gioco” con tantissime abilità o combinazioni altrimenti non bilanciate amplia lo spettro del divertimento offerto da un titolo competitivo perché offre alle community nuovi modi di interagire con il gioco che amano anche spegnendo completamente il cervello.

Cosa gli esports devono imparare da Zelda: Tears of the Kingdom

Il passo successivo, poi, sarebbe riempire con degli showmatch di queste modalità assurde i tempi morti dei grandi eventi esportivi. Immaginate quanto potrebbe fare bene a una finale dei VCT un intermezzo di 20 minuti con una partita da 7 round totali tra due team in una modalità con abilità infinite. questa finestra di divertimento rapido e leggero darebbe ai pro la possibilità di riprendersi e agli spettatori due risate senza dover rimanere per forza ad ascoltare il desk degli analisti che si arrampica sugli specchi una volta finite le cose da dire.

C’è un’altra lezione, più complicata da implementare ma quasi ugualmente efficace, che i videogiochi competitivi possono imparare da Zelda: Tears of the Kingdom e anch’essa è legata alla creatività. Il bello del nuovo titolo Nintendo è che nulla sembra impossibile. C’è un varco da attraversare? Nessun problema unirò tra loro i tronchi di 14 alberi e mi costruirò un gigantesco ponte ignorante. La soddisfazione che abbiamo provato quando siamo riusciti a fare qualcosa che (apparentemente) il gioco non voleva che facessimo è stata viscerale e racchiude buona parte della magia che ha convinto così tanti giocatori in tutto il mondo. Negli esport queste stesse emozioni possono essere distillate dando ai giocatori gli strumenti per creare esperienze personalizzate come ha fatto Halo con la Forgia o Overwatch con il Workshop. Il titolo Blizzard è arrivato persino a inserire nelle sua modalità arcade una mappa fatta da un collettivo di fan, non finita e tutta pixellata ma decisamente divertente da giocare. Creare strumenti creativi per la community e poi dare spazio (in game o ai tornei) alle creazioni più popolari è un modo certo per intrattenere e far divertire chi guarda e chi gioca.

Cosa gli esports devono imparare da Zelda: Tears of the Kingdom

The Legend of Zelda Tears of the Kingdom è un capolavoro anche perché dialoga con quasi tutti i generi videoludici esistenti e incorpora nella sua esperienza piccole gemme di ciascuno. Noi non possiamo che ribadire il nostro consiglio di giocare questo titolo incredibile che non solo ha superato il suo predecessore ma è salito su un trono da cui difficilmente verrà spodestato nel prossimo futuro. Al mondo degli esports, alle community dei fan, invece, vogliamo dire di far sentire la vostra voce, nei forum e nei post sui social, per chiedere più modi di imbrogliare divertendosi nei mondi che più amate, l’intero ecosistema non potrà che trarne beneficio.

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