Langate, due anni dopo: a che punto siamo?

Sono passati due anni dall’intervento dell’Adm in alcune sale lane ma non sembra essere ancora cambiato nulla in merito.

Era la sera del 29 aprile del 2022 quando rimbalzò improvvisamente la notizia che l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Stato aveva iniziato dei controlli in contemporanea sull’intero territorio nazionale sulle sala lan dedicate al gaming, con molti che già urlavano scandalizzati sui social che non sarebbe stato più possibile organizzare eventi esports né proseguire le attività nelle sale lan. A distanza di poche ore da quelle prime frenetiche notizie, in realtà, il Langate aveva raccontato una realtà differente ma non per questo meno grave. A distanza di due anni esatti, a che punto siamo?

Il processo langate

A essere controllate all’epoca, in seguito ad alcune segnalazioni, furono quattro aziende che operavano (alcune operano tuttora) nel settore del gaming e dell’esports con delle proprie sale lan. Tre di queste furono ritenute colpevoli di aver violato alcune parti dell’articolo 110 del TULPS, il Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza, in riferimento all’utilizzo di Pc, console e simulatori all’interno delle contestate sale Lan. Tra queste a fare più scalpore fu l’Esports Palace di Bergamo, che sarebbe stato poi costretto a chiudere nei primi mesi del 2023 a causa del procedere lento del ricorso effettuato contro l’Adm. Da quel momento è infatti iniziata una battaglia legale con l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli per contestare l’inquadramento delle sale lan nel codice del Tulps.

In particolare a marzo 2023 per i gestori delle sale lan colpite dal provvedimento è arrivata una prima vittoria in tribunale, in particolare per la PC-Teklab di Salvatore Porzio. “Siamo partiti con 100.000 euro di verbale con sequestro e distruzione delle macchine, poi a fine 2022 ci hanno abbassato la cifra a 40.000 euro sbloccando alcune postazioni da gioco, infine un’ultima proposta è stata di 20.000 euro più la distruzione dei materiali altrimenti ci avrebbero chiuso tutto, anche il negozio annesso al centro di simulazione”, aveva raccontato Porzio alle agenzie di stampa. “A questo punto abbiamo fatto ricorso e fatto causa all’ADM. Dall’inizio del 2023 ci sono state tre udienze, fino poi all’ultima udienza del 7 marzo davanti al Tribunale di Milano che ha accolto il nostro ricorso. Di fatto, la sentenza ci dà ragione e condanna anche ADM a liquidare le nostre spese giudiziarie”. La querelle però non sembra essere finita perché “ci aspettiamo un altro ricorso di ADM, perché continuano a sostenere la loro teoria pur avendo ammesso che la legge attuale non ha nulla a che fare con i macchinari che abbiamo in sala”.

Una maggiore consapevolezza

Il langate ha però avuto il merito di accendere l’attenzione su questo settore e nella mancanza di una normativa ad hoc che costringe gli operatori a gestire le proprie attività in un limbo, in una zona grigia nella quale è facile smarrirsi e deviare erroneamente. Negli ultimi due anni sia a livello sportivo, con il Comitato Promotore Esports che ha ricevuto mandato diretto del CONI e FIDE, tra i quali si auspica un’utile e proficua futura collaborazione, che (soprattutto) politico le dichiarazioni di intenti di varie realtà coinvolte si sono intensificate. La situazione d’altronde è critica, come ha sottolineato pochi giorni fa anche l’avvocatessa francese Thibault: “Nel mondo digitale in rapida evoluzione degli esport l’Italia si trova ad un bivio cruciale: adottare una normativa che regoli questa forma di competizione o restare in uno stato di incertezza normativa che potrebbe rallentarne lo sviluppo. Un confronto illuminante si può fare con la Francia, che ha recentemente introdotto leggi specifiche per questo settore in crescita esponenziale”.

Tra i principali attori politici che stanno spingendo per una normativa ci sono 5 Stelle e Lega, con la seconda rappresentata dall’onorevole Toccalini, che lo scorso novembre, agli Italian Esports Awards targati IIDEA, ha promesso l’arrivo di una legge entro un anno. Convinto che sia necessario regolamentare il settore per permettergli di prosperare è anche l’ex-presidente del Consiglio Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle: “Bisogna supportare con decisione lo sviluppo del settore gaming, riconoscerne le figure professionali con una normativa che ne tuteli il lavoro, combattere gli squilibri contrattuali tra piattaforme e content creators, rifinanziare i fondi per l’intrattenimento digitale e dare slancio a un settore che può rappresentare un volano per l’economia nazionale”, ha dichiarato durante il suo intervento all’evento Gaming Milano 2025 organizzato dall’Osservatorio Italiano Esports alla presenza degli onorevoli Caso e Barzotti, i due esponenti dei 5 Stelle che si stanno occupando di portare gli esports in Parlamento.

E quindi?

Dopo due anni, dunque, qualcosa ha iniziato a muoversi almeno a livello di intenti e promesse ma nel concreto chi oggi opera nel settore continua a farlo in modo poco chiaro per sé stesso prima ancora che per gli agenti esterni. Eppure l’industria, che in Italia si stima valga circa 40 milioni di euro, non si è certamente fermata: giocatori semi e professionisti, coach, squadre che competono nei vari campionati gestiti dai tournament organizer, media agency e le stesse sale lan non hanno mai bloccato le loro operazioni. Consapevoli certo di lavorare in un ambiente legislativo complesso e non lineare ma fiduciosi che alcuni passi avanti siano stati fatti e che presto anche l’Italia potrebbe avere una propria normativa in merito, come ad esempio San Marino ha già fatto ad aprile 2023.

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