eSports: tra joypad e bolle di sapone

Parlare ancora di eSports alle Olimpiadi? Sì, dopo quanto successo la scorsa settimana in Francia forse è il caso di parlarne ancora, almeno per un’altra volta, prima di archiviare l’argomento per qualche mese, o per qualche anno (a meno di inaspettate quanto improbabili novità). È il caso di parlarne perché, nei mesi scorsi, si erano susseguite voci di ogni tipo: la partecipazione degli eSports alle Olimpiadi di Parigi 2024 era a tratti quasi cosa certa, considerando che la prima apertura era venuta proprio dal Comitato olimpico internazionale, incuriosito dal fenomeno, pensando a un movimento, quello degli eSports, che in Francia da tempo si sta organizzando bene, anche a livello di rappresentanza, ricordando che in Asia un’apertura di questo tipo c’era già stata senza troppi problemi, e vagliando vari rumors che volevano addirittura già acquisiti i diritti per la trasmissione di eventi eSports in ambito olimpico (forse un po’ prematuramente).

La scelta del Comitato olimpico Francia è stata magari poco coraggiosa, ma non ci si poteva aspettare sconvolgimenti da una organizzazione all’interno della quale l’età media è piuttosto alta e dove la regola principale è il rispetto della tradizione, prima di tutto. Anzi, stupisce vedere tra i nuovi sport suggeriti la danza sportiva e il surf, discipline che per essere state accettate devono aver sicuramente richiesto un grosso sforzo a qualche burocrate. Con l’incognita del Comitato olimpico internazionale, al quale spetta comunque l’ultima parola, e che potrebbe ancora dire “no” a queste proposte. Uno scoglio che, fosse stata proposta una disciplina legata al gioco competitivo, probabilmente avrebbe costituito una costante spada di Damocle.

Non è andata così. Come abbiamo avuto modo di commentare “a caldo” probabilmente se ne tornerà a parlare tra tre o quattro anni, con l’avvicinarsi dell’appuntamento olimpico newyorkese, nel frattempo non è detto che a perderci sia stato il movimento eSports. Abbiamo avuto modo di affrontare anche questa questione, nei mesi scorsi, e molte voci dal di dentro, pro player, caster, giornalisti e professionisti del settore hanno sempre confermato che gli eSports non hanno bisogno delle Olimpiadi. Non è la classica storia della volpe con l’uva: al massimo il gioco competitivo ne avrebbe guadagnato in prestigio, per un po’ ne avrebbero parlato un po’ di più i media generalisti, ma siamo poi così sicuri che ne avrebbero parlato con competenza?

Quello che serve veramente agli eSports per crescere e affermarsi è altro, e può si può sintetizzare con una parola: stabilità. Forse la parola più strana da abbinare ad un mondo frenetico e sempre alla ricerca di novità, ma probabilmente l’unica veramente necessaria oggi. Stabilità intesa come regolamentazione, maggior disciplina, dialogo e tranquillità. Meno notizie gridate, meno montepremi milionari e allo stesso tempo fuorvianti (100 milioni per una competizione Fortnite, che dalla sua ha (aveva?) forse solo il grande seguito), più serenità per giocatori e team.

L’editoriale della scorsa settimana parlava di numeri (dall’ultimo rapporto di Newzoo). Il trend degli eSports è in continua ascesa, non si fermerà di certo per la “questione Olimpiadi”, ma occorre stabilità per evitare che attorno a questa forma di intrattenimento si crei speculazione, per evitare che si crei una bolla (qualcuno ha già definito così l’intero movimento mondiale), per consentire dunque a chi ha voglia di divertirsi joypad alla mano, senza puntare a facili quanto improbabili guadagni, di continuare a farlo, e in modo sempre più pulito. Poi se qualche comitato olimpico vuole aggiungersi, il divano degli eSports non sarà mai troppo stretto per nessuno.

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