CS2: l'intervista con Bardolph sull'eredità di CS GO

Continua la nostra serie di interviste per indagare il passato e il presente di Couter Strike aspettando l’arrivo dell’attesissimo seguel: CS2.

Leggendario commentatore di Counter Strike (al punto che ben due team professionistici portano il suo nome) e vicepresidente di FACEIT Media, James Bardolph è un’autorità quando si tratta dello sparatutto tattico di Valve. Se pensate a uno qualunque dei grandi momenti della storia di questo esport lui, probabilmente c’era, quindi quale autorità migliore da interrogare sull’eredità di questo videogioco che sta per “scomparire” in favore del suo successore: Counter Strike 2.

– Quale pensi sia stato l’impatto più duraturo che CS: GO ha avuto sul mondo degli eSport?

“Lo spettacolo che Counter-Strike mette in piedi a ogni torneo è un qualcosa che gli altri giochi semplicemente non riescono a eguagliare. Il livello di abilità mostrato dai singoli individui è molto più alto della media e la competizione è facilmente comprensibile da persone che non giocano a CS, cosa che non è vera per molti altri eSport. La sua ricca storia e il suo patrimonio lo rendono semplicemente uno dei più grandi titoli eSports di sempre”.

– Qual è il fattore del mondo Counter-Strike che lo ha reso così popolare come eSport?

“Counter-Strike è un gioco altamente accessibile, in parte per la sua semplicità e in parte per il fatto che puoi guardarlo e capire subito cosa sta succedendo. È anche un gioco intuitivo e senza confusione, visiva o di altro tipo. Anche l’azione è intuitiva, che si tratti di una granata stordente o di un’arma da fuoco. Anche se semplice nelle sue regole, il gioco ha comunque ha molta profondità, e ovviamente è piuttosto punitivo. Penso che questi siano valori fondamentali che Counter-Strike ha sempre avuto e che testimoniano il suo successo nel corso degli anni”.

– La popolarità di CS è la prova definitiva che un sistema aperto è migliore di uno in franchising?

“Ciò che abbiamo visto dai campionati in franchising completamente chiusi è che non c’è molta vita al di fuori del singolo campionato. Mentre in un ecosistema aperto c’è più vitalità per la fanbase, e sia i giocatori emergenti sia i giocatori al di sotto del livello più alto possono prosperare e crescere. Abbiamo diversi ecosistemi in Counter-Strike: ci sono i campionati ESEA, che portano all’EPL, e ovviamente c’è anche il sistema FPL per i giovani giocatori dove imparare dai giocatori più esperti e venire notati dalle squadre. Quindi penso che se avessi un sistema completamente chiuso come quello di altri giochi questi strati inferiori farebbero fatica a esistere, cosa che ostacolerebbe la crescita dei giocatori. Continuiamo a vedere organizzazioni perdere posti in franchising e abbandonare immediatamente le loro squadre; a mio avviso è meglio evitare questo tipo di volatilità”.

– CS ha un incredibile ecosistema di base grazie a FACEIT, qual è la ricetta per provare a fare lo stesso con altri titoli?

“È necessario creare un ambiente in cui le persone possano avere un senso di comunità, imparare gli uni dagli altri e crescere insieme. Quando un altro gioco ha un ecosistema in cui si può giocare tra professionisti mettere alla prova la tua abilità contro di loro e imparare da loro crea un ambiente sano e prospero.

Senza un senso di comunità può crearsi invece un ambiente ostile per i nuovi giocatori, le cui capacità non vengono viste come degne di fiducia. Ci sarebbero meno opportunità venendo da Paesi meno importanti all’interno della scena; la via della competizione potrebbe essere più difficile e con più porte chiuse che aperte. L’ambizione è importante per i giovani giocatori: vedere altre persone farcela dà energia a chi potrebbe avere il talento e/o la motivazione per provare a fare lo stesso”.

– Chi è stato, secondo te, il più grande giocatore di tutti i tempi? E la squadra?

“Per quanto riguarda il giocatore singolo, sceglierei s1mple, perché ha cominciato a competere con un livello estremo di talento ma era un po’ testa calda. Doveva maturare e capire cosa significasse passare dall’essere un giovane giocatore dal temperamento instabile a un modello per i giocatori più giovani. Offre ancora lo stesso livello di talento e talvolta può essere ancora una testa calda, ma è una cosa che comunque fa parte della sua personalità. Nel corso della sua carriera ha cambiato le cose, ha imparato dai suoi errori ed è diventato un’icona.

Per quanto riguarda la squadra ci sono davvero tante candidate. Potrei dirti i classici Astralis, hanno vinto molti major e fatto una grande carriera. Prima di loro, però, vale la pena dare un’occhiata ai primi NiP (Ninjas in Pyjamas) quando hanno ottenuto la loro serie iconica di 87-0: un risultato che ha probabilmente ispirato una generazione di giocatori”.

– Tutti, sia le squadre che i giocatori, continuano a dire che cambierà niente con Counter-Strike 2. Ci credi anche tu o senti che sta per arrivare un grande cambiamento sulla scena?

“Fondamentalmente nemmeno Valve può cambiare troppo il gioco, altrimenti smette di essere Counter-Strike. Gli sviluppatori cercheranno di replicare il movimento così com’è oggi in CS:GO, stessa cosa per i salti e le mappe che richiedono una precisione di input millimetrica. In un certo senso, le cose rimarranno le stesse, ma penso che moltissime decorazioni e aspetti estetici del gioco cambieranno.

Sarà “lo stesso ma diverso”, come dovrebbe essere. Da un punto di vista casual, e non dobbiamo sottovalutare l’importanza del giocatore occasionale, c’è bisogno di un livello estetico più curato nel gioco. La grafica è già stata migliorata ed è diventata notevolmente più coinvolgente. Queste cose sono importanti perché per un giocatore occasionale Counter-Strike rischiava di diventare un po’ stantio, cosa che non va bene per la longevità del gioco: se la tua base di utenti occasionali è in declino, allora l’intero gioco è in declino.

Un motore grafico più recente per CS2 significa nuove possibilità e potenziale per mappe più grandi, o forse guarderanno a Valorant e aggiungeranno qualche tipo di meccanica di movimento. Chissà, c’è spazio per ulteriori sperimentazioni per vedere cosa funziona e cosa no. Se il motore porterà nuove funzionalità per i battle pass, per rendere le operazioni più interessanti, sarà un’ottima notizia per moltissimi utenti”.

– Condividi con noi una storia personale su te e CS: al lavoro o a casa c’è mai stato un momento in cui hai realizzato che senza questo gioco la tua vita sarebbe stata completamente diversa?

“Anche giocandoci prima di lavorarci, ho notato che in CS c’era un grande senso di comunità. Penso che ci sia un tipo di giocatore che aspetta con ansia le uscite AAA e gioca a tutti i nuovi titoli e così via, ma io non sono quel tipo di giocatore, gioco forse cinque titoli e mi attengo a quelli- Counter-Strike è uno di quelli, che ci lavorassi o meno sarebbe sempre stato speciale per me.

Suppongo che una delle cose più pazze che ricordo legate al gioco sia una squadra australiana che si fa chiamare “The Bardolphs” che ha scelto come logo una mia immagine con l’abito natalizio che ho indossato una volta all’ELeague. L’ho scoperto perché stavo lavorando con alcuni produttori a Melbourne che mi hanno mostrato gli screenshot delle partite locali che stavano giocando i Bardolph, cosa che già la dice lunga sulla diffusione di Counter-Strike in tutto il mondo. Il fatto che abbiano deciso da soli di dare il mio nome alla loro squadra è piuttosto pazzesco.

La stessa cosa è successa anche in America, dove c’era una squadra che giocava all’ESEA che portava il mio nome. I momenti in cui scopri per la prima volta cose del genere sono assurdi, capisci la portata di ciò che facciamo. Ti dà più prospettiva sull’impatto che puoi avere sulle altre persone”.