Tales of Kenzera: Zau, la recensione di un metroidvania ispirato

EA Originals ha, finalmente, un titolo di cui andare fiera. Non mancano i difetti ma Tales of Kenzera: Zau è un fenomenale titolo di debutto per lo studio di Abubakar Salim.

Da quando lo hanno annunciato ai The Game Awards, Tales of Kenzera: Zau ha continuato a far parlare di sé. Vuoi per la sua ambientazione subsahariana, vuoi per i miti e le leggende bantu che gli fanno da fondamenta, vuoi per il fondatore del suo studio di sviluppo (Abubakar Salim, voce di Bayek in Assassin’s Creed Origins), questo metroidvania ha scatenato molta curiosità. Anche perché è edito da EA Originals, l’etichetta pensata per nuove e promettenti proprietà intellettuali che con Immortals of Aveum ha avuto un po’ una falsa partenza.

Tales of Kenzera: Zau, la recensione di un metroidvania ispirato

Tales of Kenzera: Zau è prima di tutto un metroidvania che prende tutto ciò che altri capisaldi del genere hanno fatto bene e lo sfrutta a suo vantaggio. Il protagonista inizia armato già di salto, doppio salto, walljump e scatto, un’arsenale di abilità che tanto nell’esplorazione quanto nel combattimento rendono il gioco subito movimentato. Poi, nel corso di tre biomi principali, le abilità di movimento e di risoluzione degli enigmi aumentano e arrivano a dieci. La progressione è estremamente lineare con minime necessità di backtracking e solo per completare la collezione di ricordi del protagonista e di amuleti, dei potenziamenti passivi equipaggiabili uno alla volta.

La complessità della mappa di gioco non raggiunge mai i livelli di Hollow Knight, è disponibile una modalità guidata con un obiettivo e un luogo chiari da raggiungere e non c’è una meccanica di rimozione della nebbia: visitare una sezione di un livello renderà visibile le sezioni di mappa ignote circostanti. Anche il combattimento non presenta innovazioni radicali, ma si pone come una “danza” tra i poteri del sole (corto raggio e molto danno) e della luna (lungo raggio e congelamento dei nemici) che dà tante soddisfazioni.

Tales of Kenzera: Zau, la recensione di un metroidvania ispirato

Con il passare del gioco si guadagnano punti esperienza per ottenere nuove abilità per entrambe le “maschere” (a cui corrispondono i due poteri) e il livello di difficoltà di nemici comuni e boss aumenta in modo regolare e piacevole, senza impennarsi o crollare all’improvviso. Il difetto principale di Tales of Kenzera: Zau è la sua mancanza di varietà in fatto di unità nemiche, che si fermano a dieci. Questo, superati i due terzi del gioco, causa una perdita di rilevanza del combattimento lungo le sezioni esplorative, un problema fortunatamente risolto dall’ottimo design dei boss.

Dove questo gioco ci ha fatto davvero innamorare, però, è nella sua storia e nel suo bellissimo level design. Purtroppo i puzzle ambientali non sono i più originali mai visti (hanno quasi sempre a che fare con lo spostare un grosso cubo per premere un interruttore) ma i livelli in cui si trovano, in cui si combatte e in cui si esplora sono ben fatti, curati e soprattutto ispirati. La cultura delle diverse tribù subsahariane ascrivibili alla famiglia di popoli bantu prende vita in Tales of Kenzera: Zau, dalle praterie alla giungla, dalla foresta più densa alle rocciose montagne piene di lava, la terra mitologica di Kenzera è una selezione del meglio che, visivamente, questa cultura ha da offrire.

Tales of Kenzera: Zau, la recensione di un metroidvania ispirato

La storia, poi, è sentita, ben raccontata e straordinariamente doppiata nella sua versione inglese proprio da Salim, che dà la sua voce al protagonista. Questa scelta ci sorprende fino a un certo punto, visto quanto la storia raccontata sia personale per il game director. Zau, come il fondatore dei Surgent Studios, perde inaspettatamente suo padre ed è straziato dal lutto. Incapace di affrontarlo decide di fare un patto con il dio della morte, Kalunga, per riavere in cambio il genitore perduto. Questo è l’inizio della storia che vede il giovane sciamano imbarcarsi in un viaggio che lo porterà a confrontarsi con tre grandi spiriti che si sono ribellati a Kalunga e che lui vuole domati.

Dopo un primo test, Kalunga diventa il Virgilio di Zau durante il suo viaggio per le terre di Kenzera e spiega a chi gioca i molti riferimenti che si incontrano. Da lui impariamo le storie degli sciamani di cui prendiamo in prestito i poteri (cioè le nuove abilità che si sbloccano) ed è sempre lui che racconta la storia di ciascuno spirito quando ci apprestiamo ad affrontarlo e dopo che lo abbiamo sconfitto. Con piacevoli colpi di scena e un incedere che non annoia mai, il gioco procede naturalmente verso la sua conclusione (ci abbiamo impiegato circa 10 ore) dove lascia a chi gioca un finale toccante, intenso e che potrebbe davvero aiutare chi sta facendo fatica, come l’autore, a processare la perdita di una persona cara.

Tales of Kenzera: Zau, la recensione di un metroidvania ispirato

Tales of Kenzara: Zau non è un gioco che rivoluziona i metroidvania ma usa l’impostazione, le meccaniche e le potenzialità narrative del genere per raccontare una bellissima storia in un ambiente curato e mai visto in produzioni destinate a un pubblico così grande. Se siete alla ricerca di un’avventura ben scritta, bella da giocare e che vi farà conoscere delle culture che, nei videogiochi, non si è mai vista, allora Tales of Kenzera: Zau sarà un’esperienza che vi lascerà molto soddisfatti, anche grazie alla sua autoironia mai grossolana che accompagna il viaggio di Zau e Kalunga.

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