Nel panel di Sbc Digital Italia dedicato agli esports si è parlato della necessità di un riconoscimento degli esports per dare garanzie al settore e all’industria delle scommesse, che lo guarda da tempo con interesse.

Da imprenditore auspico che arrivi una regolamentazione, ma che sia realizzata con la partecipazione di tutti gli attori del settore” Così Luca Pagano, intervenuto nel panel “Esports, il futuro è una scommessa”, che ha aperto il pomeriggio della seconda giornata di lavori di Sbc Digital Italia, l’evento realizzato da Sbc e Gioco News.

A dare un inquadramento generale del settore ci ha pensato Laura D’Angeli, management advisors for business di Esportsforbusiness, che ha individuato i tre elementi fondamentali degli esports, che sono in primis i videogiochi, quindi gli organizzatori delle competizioni e poi i giocatori che vi partecipano. 

“Lo stato dell’arte, oggi”, ha spiegato Laura D’Angeli, “è caratterizzato da un grande sviluppo. Il Cio ha organizzato addirittura un torneo sperimentale (le Olympics Virtual Series, ndr) prima delle Olimpiadi di Tokyo, e anche il Coni ha manifestato il proprio interesse a capire come può essere costituita una eventuale federazione, sempre però con l’idea di restringere il campo a quei giochi che hanno una certa attinenza con gli sport e con i valori olimpici.

“Sicuramente è un settore interessante perché consente di parlare alle nuove generazioni, oltre che per l’alta presenza delle tecnologia. Parallelamente c’è stata un grande attenzione anche da parte del betting, soprattutto nel periodo del lockdown, che ha portato gli esports a pesare, sul mercato del betting, fino a raggiungere, in proiezione, nel 2024, almeno 3,2 punti percentuali (pari a 800 milioni di dollari di spesa del giocatore). Cifre che ci permettono di fare un parallelo con quanto accaduto al tennis, che partendo da cifre simili è arrivato oggi a pesare circa il 20 percento del mercato del betting mondiale”.

Quindi Luca Pagano che ha sottolineato subito come gli esports non siano affatto una moda, “ma un qualcosa di molto più strutturale e strutturato. C’è ancora molte titubanza, soprattutto da parte di molti brand, ma di fatto la base si sta allargando. Gli esports sono nati circa 20 anni fa, e chi li seguiva allora, e ha ora 40/45 anni, ancora li segue. A questi si sono aggiunti i giovani, e proprio sui giovani punta ora il mondo esports, organizzando competizioni sui giochi che più che li riguardano, come Minecraft, ad esempio, un gioco pensato per ragazzi dagli 8 ai 14 anni, ma che ora sta diventando un esports, con il publisher che sta mettendo in piedi una serie di tornei milionari. Ma c’è anche un altro motivo per cui i giovani si stanno appassionando, ed è lo sviluppo del mobile. Mobile è sempre più esports, e questo aumenta l’accessibilità abbattendo anche le barriere infrastrutturali. I numeri che il mobile muove su Twitch sono spaventosi, e sono già sopra quelli del mondo Pc.

“L’altro trend è quello dei brand tradizionali che si avvicinano al mondo esports. Chiaramente questo tipo di brand il betting già lo conosce, e andando verso il mondo degli esports, porterà con sé sicuramente un po’ di cultura del betting.

“Terzo trend”, spiega Pagano, “è quello della blockchain technology, che potrà dare molto per quanto riguarda la tracciabilità e la validazione dei risultati, tornando quindi utile anche per il mondo del betting che si affaccia agli esports”.

E sulle perplessità di alcuni sul percorso del Coni Pagano ha le idee chiare: “penso che una regolamentazione sia necessaria all’industry, c’è il bisogno di qualcuno che fissi delle regole per dare una struttura. La vera paura è semmai quella di una regolamentazione calata dall’alto, senza ascoltare chi questo mondo lo vive da anni, da molti anni. La paura insomma, che le regole vengano decise da chi non conosce bene il settore, con il rischio che una regolamentazione all’italiana vada a tarpare le ali a un settore in fase di sviluppo. Detto ciò, da imprenditore, credo che una regolamentazione sia necessaria”.

Due le criticità evidenziate da Massimo Caputi, giornalista, consulente comunicazione del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega allo Sport, Valentina Vezzali. Se “da una parte c’è la necessità di regolamentazione di un intero mondo, dall’altra anche il fenomeno del betting che ha bisogno di essere circoscritto”. Come conferma anche Giancarlo Guarino, avvocato esperto Ordinamento Sportivo, docente Scuola dello Sport del Coni, che vede “tutto quanto è stato detto sinora” come “argomenti interconnessi”.

Secondo Guarino “siamo di fronte a un fatto epocale, il fatto che il Cio ha cominciato a capire la direzione del cambiamento della società intera, e non ha voluto essere tagliato fuori dalla sfera dei giovani. Chiaramente il Cio ha fatto un’apertura limitata, facendo riferimento a videogiochi che si rispecchiano a sport già conosciuti, e rappresentati da federazioni strutturate, ma più che ragionare su quali sono gli esports scelti dobbiamo focalizzarci sul significato di questa aperture del Cio, che è nell’opportunità di istituzionalizzazione dell’attività esportiva, in grado di dare garanzie a chi gioca, ma anche al pubblico.

“In Italia il Coni riconosce alcuni soggetti che sono titolati ad occuparsi di sport (federazioni, discipline sportive associate o enti di promozione sportiva) in base ad alcuni precisi requisiti. Con questo riconoscimento il Comitato olimpico nazionale dà garanzie allo Stato che effettivamente l’attività sportiva si è svolta ufficialmente sotto l’egida del Coni ufficiale. Si tratta di un’esigenza nata anni fa dalla necessità di tutelare il gioco nazionale, che all’epoca era il Totocalcio, che richiedeva una certificazione inattaccabile dei risultati. Questa era una delle funzioni del Coni tra le più importanti”.

Continua Guarino spiegando che “ora c’è un universo di cose nuove da scrivere. L’attività che esiste già a livello mondiale e che fa capo a tutti gli organizzatori di eventi, di esports ma anche di altro, è un’attività che si esaurisce e si svolge in ambito privatistico. Non possono pertanto avere, a legislazione vigente, quel riconoscimento di ufficialità dei risultati che promana esclusivamente, dalle federazioni sportive nazionali riconosciute dal Coni”. Un problema, secondo Guarino, che emergerebbe con tutto il suo peso qualora si realizzasse una truffa, cosa che, oggi, non consentirebbe di andare in tribunale parlando di frode sportiva, dato che il regolamento ha un valore esclusivamente privatistico.

Tornando al tema delle scommesse, invece, spiega Guarino che l’effetto di quanto si comprende riprendendo il testo della legge 401 del 1989, che “nell’articolo 1 non parla di scommesse, ma parla di frodi sportive. L’alterazione del risultati di una gara”, spiega Guarino, “è assimilabile alla truffa. L’articolo 1 fa riferimento a tutte le attività competitive riconosciute dal Coni. La stessa legge, all’articolo 4, prevede anche l’attività non legale delle scommesse. La pena più grave è quando si collega la scommessa alla frode sportiva, ma sempre nell’ambito di una federazione riconosciuta dal Coni. Si capisce quindi che se una serie di esports vengono compresi, almeno per quel che riguarda il riconoscimento dei risultati, in ambito Coni, almeno per quel che riguarda le scommesse fraudolente si fa un passo avanti importante“.

E in merito ai titoli “olimpici” Guarino assicura che “al momento la scelta è piuttosto limitata, ma non escludo che nei prossimi anni anche altri giochi possano entrare nel recinto del Coni, avendo dei caratteri innegabili di competitività che non vanno in contrasto con i principi olimpici”.

Una delle sfide da vincere, secondo Guarino, è quella della diffidenza che molti sport ancora nutrono nei confronti degli esports. “La maggior parte degli esports e delle federazioni vedono con grande diffidenza il mondo degli esports, anzi, spesso con disprezzo. La scommessa affascinante è proprio quella di dimostrare che è possibile costruire uno sport autentico sia dal punto di vista dei valori, che anche di quello dell’impegno fisico, mentale, dell’allenamento, della disciplina e dell’educazione, attribuendo quindi anche agli esports delle valenze formative ed educative che fino ad ora sono state spesso disconosciute”.

Secondo Fernando Ferrero, Sale manager di Emea, SportRadar, “occorre agire su due fronti, da una parte garantire al fenomeno di potersi esprimere, dall’altra impedire che ci siano accadimenti tali che mettano a rischio la crescita del fenomeno. Quindi serve un monitoraggio dei tentativi di alterazione delle manifestazioni, c’è la necessità di agire preventivamente, di curare la formazione di tutti quelli che lavorano nel mondo degli esports”.

“Serve anche curare la formazione di tutti i soggetti che hanno una parte attiva nel panorama esports. Parlare ai ragazzi, a chi li allena, a chi li gestisce, spiegare quali possono essere le conseguenze, può essere importante, aiuta il settore a sviluppare una consapevolezza importante. Penso sia importante supportare le varie federazioni fornendo gli strumenti per stilare i propri codici deontologici, e dunque” spiega Ferrero in chiusura, “occorre agire su formazione e investigazione“.

Chiude, Ferrero, affermando che “l’importanza degli esports, per quel riguarda il settore delle scommesse, non è tanto nella marginalità che possono generale, ma nel fatto che rappresentano un ponte con le nuove generazioni, alle quali il nostro mondo ha assoluta necessità di cominciare a parlare”.