Una nuova forma di esports, che coniuga il videogame con l’attività fisica, è quella che emerge dal convegno “Anche questo è (e)sport”, realizzato da Esportsmag a Roma nell’ambito della Notte delle Idee.

Gli esports del futuro saranno discipline diverse da quelle attuali, avranno molto a a che fare con la realtà virtuale e coniugheranno il videogame con l’attività fisica. È quanto emerge dal convegno “Anche questo è (e)sport”, realizzato da Esportsmag nell’ambito della Notte delle Idee, ieri, 4 maggio, a Roma, nella cornice di Palazzo Farnese, sede dell’ambasciata francese in Italia.

All’appuntamento, moderato dal direttore di Esportsmag, Alessio Crisantemi, hanno partecipato l’amministratore delegato di Qlash, Luca Pagano, il presidente della Fita, federazione Italiana taekwondo, Angelo Cito e Helene Thibault, avvocato dello studio Tonucci e partners esperta di delle tematiche legate al videogame e diritto d’autore.

“Ci vuole ancora un po’ di tempo”, commenta Pagano, “occorre che la realtà virtuale diventi più adottata dalla massa, ma questo è il futuro. Nel movimento fisico c’è qualcosa: fitness, realtà virtuale, salute, a parte far bene messi assieme, rendono anche più semplice raccontare che i videogiochi possono anche essere un modo per stare in forma. Secondo me la realtà virtuale è la grande opportunità per gli esports da qui ai prossimi dieci anni

Fornendo alla platea una rapida panoramica di quello che sono gli esports oggi, Pagano spiega che “oggi siamo abituati a vedere giochi come League of legends o Counter Strike, ma in realtà l’esport può essere fatto anche su Space Invaders, come si faceva negli anni Settanta del secolo scorso”. E continua poi spiegando che cinque sono, oggi, gli attori principali dell’industry esportiva: “il publisher, la piattaforma dove si trasmettono le competizioni o i contenuti, quindi le squadre competitive, la quarta tipologia è creata dai content creator e la quinta tipologia di attore sono gli organizzatori degli eventi”.

Nello specifico della sua Qlash Pagano spiega che “di questi cinque elementi, Qlash ne utilizza tre: abbiamo i giocatori professionisti, abbiamo i content creator e organizziamo eventi, on-line e in presenza. Si tratta di tre elementi molto sinergici: i giocatori professionisti ci servono per creare storytelling, i content creator ci servono per amplificare i contenuti che creiamo nella Qlash house, il nostro head quartier, ma anche per dare visibilità ai professionisti, i tornei che facciamo sono aperti a tutti perché vogliamo dare l’opportunità alla community, ai giocatori comuni, di sfidare i nostri professionisti, e questa experience poi viene raccontata. Tutto questo ci sta ci permettendo di crescere moltissimo”.

Da Luca Pagano arrivano anche alcuni numeri sulla dimensione attuale del fenomeno. Si tratta di un settore, quello del gaming, che oggi fattura oltre 2 miliardi di dollari a livello mondiale, con 3,2 miliardi di giocatori in tutto il mondo. “Un’industry che è più grande di televisione, cinema, e musica messe assieme”. In Italia i videogiocatori sono circa 17 milioni, per un giro d’affari di 2,8 milioni di euro, con 1,6 milioni di persone interessate alla scena esports.

Un settore, quello del videogame, che rappresenta una vera e propria rivoluzione culturale. “Per i bambini di oggi sarà molto più semplice, un giorno, comprendere perché i propri figli siano così attratti, e passino tanto tempo videogiocando, incontrando lì i propri amici, ma soprattutto il videogame potrà anche diventare un terreno comune all’interno del quale comunicare e dialogare con i propri figli, con il videogame che sarà sempre più parte della cultura dell’essere umano”.

Nel suo intervento Angelo Cito ricorda che “la mia esperienza nasce proprio per ‘fregare’ i francesi”. Una esperienza che nasce nelle Olimpiadi invernali in Korea da un incontro con Toni Estanguet, del comitato organizzatore per Parigi 2024, che annunciò di voler proporre gli esports come disciplina dimostrativa per la futura edizione delle Olimpiadi. “Da lì feci nascere un dialogo anche all’interno del Coni, inizialmente trovando assoluto disinteresse, aprendo a questo mondo come federazione”.

“In Corea è un fenomeno enorme, per questo ci abbiamo investito, e abbiamo creato un videogioco pur mantenendo una caratteristica degli sport tradizionali, che è quella dell’impegno fisico: l’atleta di taekwondo indossa dei sensori e può così competere anche nel mondo virtuale. Questo è piaciuto molto anche al Cio. Così il taekwondo è stato inserito nella prima edizione dei Giochi olimpici E-sports che si terranno a Singapore nel prossimo giugno”.

“Nessuno avrebbe mai pensato che la breakdance, lo skate o l’arrampicata sarebbero diventati sport olimpico. Eppure è stato così, perché lo richiedono le nuove generazioni non più attratte dalla staticità di altri sport tradizionali, che ti dicono: ‘a noi piace questo, e questo facciamo, che vi piaccia o no’. Penso al taekwondo, uno degli ultimi sport ad essere riconosciuti dal Comitato olimpico, è al fatto che ci ha messo 50 anni per entrare alle Olimpiadi. Ora gli esports, nel giro di pochi anni, già si pensa di inserirli ai giochi olimpici. Per questo penso che gli esports avranno uno sviluppo enorme, a maggior ragione dopo che verranno presentati alle Olimpiadi”.

Attualmente il nostro problema è sul che tipo di gioco fare in modo che sia possibile renderlo poi popolare. Quello che facciamo noi ora, come esports infatti è piuttosto costoso. Però penso che questa interazione tra sport virtuale e sport reale già ci sia, è già una realtà, siamo noi, che siamo di un’altra generazione, che non lo vediamo”.

Parla del “caso” della Francia l’avvocato Thibalut (che opera a Roma, ma è francese d’origine), spiegando come il suo paese, per gli esports, abbia “impostato un apparato normativo semplice, conciso e chiaro su tutte quelle questioni che richiedono un intervento speficifico. Perché per avere un ecosistema competitivo ci vuole certezza”.

“I nostri vicini di San Marino”, ricorda Thibault iniziando il suo intervento, “hanno appena adottato un Codice degli esports, e sulla base di questo anche in Italia si sta muovendo qualcosa, e non è detto che non ci siano novità a breve”.

Spiega poi ciò che avviene nella vicina Francia, dove c’è una linea politica che dal 2015 ha deciso di promuovere l’industria degli esports favorendo la creazione, la strutturazione e il rafforzamento delll’ecosistema. “Questo significa non solo una legge, ma anche una serie di azioni più diffuse”, illustra l’avvocato. “In Francia è stato adottato un piano di azione specifico sugli esports che prevede un piano di sviluppo su cinque anni e che mira a far diventare la Francia il leader europeo del settore esports. Ciò è legato anche ad una grande apertura politica alle nuove tecnologie, un aspetto che, in Francia, è stato verificato anche in altri ambiti, ed è questo il primo aspetto importante di un modello che non è solo regolamentare, ma cerca di introdurre anche una serie di good practice”.

Passando all’aspetto regolamentare Thibault illustra come “nel 2016 è stata adottata una legge che si è declinata in due decreti, una sull’organizzazione delle competizioni e il secondo sullo stato dei pro player. Una scelta di privilegiare un apparato normativo semplice, conciso e chiaro su tutte quelle questioni che richiedono un intervento speficifico. Per avere un ecosistema competitivo ci vuole certezza, e questo giustifica una normativa su quel fronte e poi ci vuole tutela per il giocatore, con una attenzione particolare per il minorenne”.

“Per quanto riguarda la realizzazione di tornei è stata esclusa l’applicazione della normativa in materia di gioco d’azzardo, cosa che in Italia non è ancora stata fatta, ed è stata resa lecita l’organizzazione di tornei con la ratio che il sacrificio finanziario dei giocatori non deve superare l’importo dei costi di organizzazione, altrimenti ciò farebbe scattare un aspetto speculativo. A queste condizioni si può organizzare tornei molto liberamente, con una dichiarazione online”.

Tra le caratteristiche di questi tornei c’è il fatto che “il torneo deve essere gratuito e i minorenni (che devono avere più di 12 anni) possono partecipare solo con autorizzazione dei genitori, e in caso di eventuali vincite in denaro c’è l’obbligo poi per l’organizzatore del torneo di depositare il denaro presso una cassa dalla quale il giocatore potrà prelevare le somme solo una volta raggiunta la maggiore età. Poche regole, ma chiare e precise”.

Infine, sullo status del pro player, Thibault spiega che “c’è un meccanismo di accreditamento del giocatore che richiedere specifiche condizioni economico-finanziarie, ma anche un accompagnamento del giocatore dal punto di vista della salute fisica, psicologia e mentale e dal punto di vista dello sviluppo professionale.
Il contratto deve essere a tempo determinato, al massimo di cinque anni, ma inquadrato nel mondo del lavoro francese. Anche in questo c’è una tutela dei minori con la contrattualizzazione che deve essere autorizzata da una specifica commissione che valuta le caratteristiche dell’attività e sempre con la clausola del deposito dei guadagni presso la cassa di deposito di cui dicevo prima”.