In un’intervista esclusiva rilasciata a Gioco News nel 2010 la futura premier Giorgia Meloni, all’epoca ministro della Gioventù del Governo Berlusconi IV, a proposito dei videogiochi usava parole che potrebbero essere attuali anche oggi.

Quello dei videogiochi è “un settore importantissimo: l’Italia può vantare un ricchissimo vivaio di giovani creativi, ideatori e realizzatori di videogiochi, che però viene immancabilmente fagocitato dai colossi statunitensi o giapponesi […], tutelare una filiera del made in Italy in un settore florido e promettente come questo è dunque un passo doveroso”. Parola di Giorgia Meloni, oggi leader di Fratelli d’Italia, quando era ministro della Gioventù nel Governo Berlusconi IV.

Così quella che a breve sarà la prima donna premier italiana rispondeva interpellata da Gioco News in tema di videogiochi.

Ad attirare l’attenzione della politica, in quell’inizio 2010, fu Rapelay, un videogioco disponibile online in cui si fa riferimento diretto allo stupro. “Non dobbiamo pensare tanto allo spirito di emulazione: sarebbe esagerato, se non paradossale, pensare che un videogioco possa diventare una sorta di istigazione al crimine”, rispondeva Meloni. “Il vero rischio, però, certamente più concreto, è che prodotti come Rapelay erodano la consapevolezza dei ragazzi circa la gravità di atti criminali tanto aberranti. Lo stupro, l’omicidio, la violenza in genere, quando diventano un ‘gioco’, smettono di indignare, di scuotere le coscienze e colpire gli animi. Diventano quindi consuetudine, banalità, quotidianità: e questo è assolutamente intollerabile”.

L’industria dei videogiochi è piuttosto florida e negli ultimi tempi si sta dotando di codici di autoregolamentazione, come il Pegi. Pensa che sia questo uno strumento utile per aiutare genitori e ragazzi nella scelta dei giochi più consoni?

“Il fatto che la stessa industria dei videogiochi abbia deciso per prima di compiere un passo importante in questo senso è sicuramente meritevole di plauso. L’indicazione sulla confezione del videogioco dell’età consigliata, della presenza di linguaggio o immagini esplicite, o di situazioni che, per il loro contenuto, possano rivelarsi inadatte ad un pubblico molto giovane, sono elementi fondamentali per una scelta consapevole al momento dell’acquisto. Ma non basta: il fatto che tra i videogiochi più popolari tra i giovanissimi figurino titoli apertamente sconsigliati ai minori di 16 se non addirittura di 18 anni indica che siamo di fronte ad una falla pesante per quanto riguarda il controllo operato sul fronte opposto, ovvero quello di chi compra. Ritengo fondamentale che i genitori non abdichino nemmeno su questo fronte al loro ruolo di educatori e guide nei confronti dei loro figli, impedendo loro l’accesso a contenuti inadatti e non essendo loro stessi a regalare videogiochi apertamente sconsigliati”.

La politica si sta iniziando ad interessare del settore dei videogiochi, attraverso giornate dedicate a questi strumenti di gioco, come la presentazione del Rapporto sull’Industria Videoludica del Gruppo di Filiera dei Produttori Italiani di Videogiochi. Quanto è importante e perché l’attenzione politica sul settore?

“Si tratta di un settore importantissimo: l’Italia può vantare un ricchissimo vivaio di giovani creativi, ideatori e realizzatori di videogiochi, che però viene immancabilmente fagocitato dai colossi statunitensi o giapponesi, dominatori incontrastati nel mercato. In un frangente di difficoltà occupazionale per tanti giovani, come quello che stiamo attraversando, tutelare una filiera del made in Italy in un settore florido e promettente come questo è dunque un passo doveroso”.

Si può incentivare e come l’industria italiana dei videogiochi?

“Si può, lavorando su più fronti per fare filiera: ovvero tutelando il patrimonio creativo tutto italiano che anima l’ambiente della programmazione dei videogiochi, incentivando il lavoro di produzioni ‘nostrane’ e impegnandosi nel complesso per offrire a chi fino ad oggi è stato costretto a fuggire all’estero per realizzarsi professionalmente nel settore l’occasione di poter mettere a frutto in patria il “know-how” maturato”.

Così rispondeva Giorgia Meloni dodici anni fa. È passato del tempo, ma le sue parole, indubbiamente, potrebbero essere attuali anche oggi (difficile dire se ciò sia un bene o un male). Ora però, occorrerà attendere il nuovo Governo, i nomi scelti nelle posizioni di riferimento per giovani, industria e lavoro, e i primi movimenti dell’Esecutivo, per comprendere se l’idea della leader di Fratelli d’Italia sia cambiata, e come, nel tempo.