A dirlo una ricerca condotta da Hearts & Science che ha coinvolto Italia, Spagna, Francia, Germania e Regno Unito. 

Hearts & Science, in collaborazione con Twitch, ha realizzato una ricerca che ha coinvolto cinque  paesi europei cercando di scoprire le abitudini dei videogiocatori. Italia, Germania, Francia, Spagna e Regno Unito sommati contano circa 123 milioni di videogiocatori, pari al 38% della popolazione. Come fatturato, invece nel 2022 l’Europa ha registrato un volume di incassi pari a 32,9 miliardi $, equivalenti al 18% della quota di mercato globale secondo Newzoo. 

I numeri dei videogiochi

La ricerca è stata presentata in occasione di Lucca Comics & Games all’interno di un panel moderato dalla Branded Entertainment Agency FUSE che ha visto come protagonisti Emanuele Giraldi (Managing Director di Hearts & Science), Carlo Barone (Supervisor, Brand Management Riot Games), Antonio Jodice (CEO di Magnet) e Giorgio Calandrelli, in arte Pow3r. Sotto la lente d’ingrandimento di Hearts & Science il gaming visto come nuovo modello di coinvolgimento sociale del decennio, ormai parte integrante delle abitudini degli europei e capace di imporsi come un vero e proprio must irrinunciabile nel tempo libero di moltissime persone.

Nei 5 Paesi analizzati si è registrato uno spaccato quasi perfettamente bilanciato tra uomini e donne: 50,3% i maschi contro il 49,7% delle donne. Il videogioco come modalità di intrattenimento si è dimostrato capace di coinvolgere tutte le fasce d’età, dalla GenZ ai BoomerX passando per i Millennials. I dati emersi indicano che il multiplayer non solo è la tendenza più in voga nel videogioco, ma che questa è anche capace di includere importanti elementi di apprendimento ed educativi. Il videogioco si rivela dunque uno strumento imprescindibile per chi vuole fare engagement e raggiungere in maniera il proprio target, sia tra i confini nazionali che oltre. 

Le conclusioni

Secondo la ricerca il gaming in Europa è un fenomeno che interessa più di 1 individuo su 3. “I gamer sono tanti e diversi e non possono essere più assimilati alla sola e unica categoria di maschi appartenenti alla GenZ. La realtà è più complessa: il gaming oggi coinvolge uno spettro più eterogeneo di individui. É transgenerazionale e riguarda GenZ, Millennials e BoomerX; è un’attività nella quale regna una (quasi) parità di genere, avvicinandosi ad un bilanciamento 50/50 tra giocatori e giocatrici”, si legge nel comunicato.   

In questo senso all’orizzonte si sta delineando un nuovo trend: il gioco diventa uno strumento per imparare. Una tendenza che vede l’Italia e la Francia come nazioni apripista, in particolare tra la GenZ (questa, infatti, totalizza le percentuali più alte rispettivamente del 21% e 20%). “Non dobbiamo dimenticarci che stiamo pur sempre parlando di giochi e quindi la componente divertimento e passione sono aspetti fondamentali (rispettivamente per il 54% e 32% dei gamer)”.

Addio stereotipi

Il gaming è un’attività che attrae e che viene praticata con assiduità dopo le 18. “Questo è il vero golden moment quando si attiva la quota più alta di giocatori. Durante questa fascia d’orario il gaming si contende lo scettro di re del prime-time assieme alla tv.  Emanuele Giraldi, Managing Director di Hearts & Science, ha aggiunto: ‘’Con questa ricerca abbiamo voluto analizzare le abitudini di 5 grandi nazioni europee rispetto al fenomeno del gaming. Lungi dall’essere un’attività legata ad un certo stereotipo di categoria sociale, di sesso o di genere, abbiamo dimostrato come il gaming sia trasversale, pop e perfettamente assimilabile alla cultura di massa. Tutti giocano, anche i più insospettabili”.

Il gaming diventa così una lingua universale ed è un agente di integrazione, contribuendo in modo attivo all’avvicinamento culturale tra i popoli d’Europa e sviluppando un habitus europeo in termini di svago. “Il gaming è il ‘Giochi senza frontiere’ del nuovo decennio, avvicinando persone di lingue e culture diverse tra loro”, racconta la ricerca. Giraldi chiude poi con una provocazione: “Se il gaming, nella sua dimensione virtuale, non facesse che creare nuovi spazi di scambio tra i popoli d’Europa contribuendo alla formazione di una nuova identità europea?”