Game Changers, ovvero come rendere Valorant inclusivo per le donne

Game Changers è la dimostrazione di come creare circuiti professionali per sole donne si stia rivelando un’opzione vincente in questa fase di sviluppo degli esports.

Un tema ricorrente quando si parla di donne ed esports è la creazione di iniziative chiuse. Non tutti sono d’accordo sul fatto che dar vita a circuiti professionistici per sole donne sia la soluzione migliore per favorirne l’inclusione. Anzi, in molti pensano che contribuisca a ghettizzare le giocatrici. Eppure alcuni ritengono che creare ambienti protetti possa, almeno in una fase iniziale, aiutare le professioniste a emergere e farsi conoscere. Proprio con questo spirito è nato Game Changers, un programma di accelerazione per le donne negli esports capace di accrescere la visibilità e il peso delle ragazze che giocano a Valorant.

Lanciato da Riot nel febbraio del 2021, Game Changers include un circuito professionale tutto al femminile per le gare del noto videogame sparatutto. La competizione ha preso il via in Nord America, riscuotendo un notevole successo. Dopo aver raggiunto anche America Latina, Brasile e Sud-est asiatico, è approdata alla regione EMEA a settembre del 2021. E, per il futuro, si parla dell’arrivo del circuito in Giappone.

Con Game Changers, Riot si è posta tre obiettivi: educare, elevare e coinvolgere. Educare gli altri su quanto sia diversificata la comunità, elevando al contempo le giocatrici che hanno mostrato capacità e dedizione alle squadre e alle organizzazioni. E infine impegnarsi con la comunità per creare uno spazio sicuro, che consenta alle donne di sviluppare le proprie capacità e costruire un marchio per se stesse. Questo per dare un’immagine più veritiera della comunità competitiva di Valorant, che è vivace, diversificata e globale, con una parte significativa dei giocatori competitivi composta da donne.

Le donne che diventano professioniste, però, mancano spesso di supporto e quest’ostacolo andava superato. Game Changers ha creato uno spazio sicuro per le donne, che hanno così potuto mostrare le loro capacità e competere ai massimi livelli. «E la verità è che questo è importante tanto per i giocatori quanto per le organizzazioni di esports, che cercano la prossima generazione di talenti di livello mondiale per unirsi ai loro roster», ha dichiarato Vera Wienken, senior brand manager di Riot Games e a capo dei VCT (Valorant Champions Tour) Game Changers EMEA.

Game Changers ha portato diverse organizzazioni importanti, in particolare in Nord America, a creare e schierare roster misti o di sole donne. TSM, Cloud9 e Dignitas sono solo alcuni dei grandi nomi che hanno squadre tutte femminili nel gioco. Ma non solo: ha anche offerto grosse opportunità e visibilità a tante donne che svolgono professioni legate al settore, come caster e presentatrici.

Insomma, un successo talmente grande che Riot sta già pensando di creare qualcosa di simile per League of Legends. Anche se, a dire il vero, i vertici dell’azienda hanno a più riprese messo in chiaro un concetto: la separazione tra tornei femminili e maschili dovrebbe essere una fase transitoria, necessaria in questo momento per dare visibilità alle donne e incentivarne il coinvolgimento. Ma la speranza è che in futuro questa divisione non sia più necessaria, perché si arriverà a un ecosistema più diversificato, dove tutti potranno giocare senza il timore di subire offese sessiste, cyberbullismo o altre forme di discriminazione.

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