Il prossimo Messi si allenerà con mouse e tastiera“. A dirlo non è uno scrittore di fantascienza, bensì Noé Bosch, ex presidente della Jove Cambra Lleida e attualmente co-fondatore di Gamesports Lleida, un’azienda spagnola che crea competizioni esportive e contenuti di intrattenimento legati al mondo dei videogiochi.

Nel corso di una intervista al quotidiano online Segre.com Noé Bosch non ha dubbi sul futuro degli sport elettronici. “Proprio come c’è un club sportivo con un campo da calcio o da basket in ogni quartiere o comune, credo che nell’arco di 5-10 anni troveremo in ogni comune anche stadi di esports e accademie per la formazione di nuovi”.

Laureato in Pubblicità e pubbliche relazioni, con un master in Gestione degli sport elettronici, Noé Bosch è considerato un pioniere nel l’introduzione di questo nuovo concetto di sport e intrattenimento. La sua Gamesports Lleida, creata con il collega di studi Francesc Flores è nata dagli studi del master in Management sportivo dell’Università Internazionale di Valencia (VIU).

“È un nuovo tipo di competizione e intrattenimento – spiega Bosch parlando degli esports -, basati principalmente sull’uguaglianza ma anche sul fatto che la competizione abbia una copertura mediatica che la renda fruibile al pubblico interessato. Ma un tema fondamentale è quello dello sviluppo costante dei videogame, che crea il problema dell’abbandono dei giochi precedenti, che dopo un certo tempo non vengono più aggiornati”.

Bosch parla anche del problema della percezione degli esports da parte del grande pubblico, che anche in Spagna ha spesso un’idea sbagliata di cosa siano gli esport, poiché “credono si tratti di quattro ragazzetti che giocano ai videogiochi e con abitudini malsane. Ma non è assolutamente così! Attualmente per essere un giocatore di alto livello non devi solo avere a disposizione un team e del personale specializzato (con allenatori, analisti, psicologi, ecc.), ma devi condurre una vita molto equilibrata; è l’unico modo per ottenere le migliori prestazioni possibili”.

Quindi fa un paragone con attività sportive già riconosciute, per rendere tutto più chiaro: “gli esports sono un mix tra il gioco degli scacchi (che richiede capacità di ragionamento) e la guida di una F1 (che richiede riflessi e velocità). Alcune persone associano gli esports a giochi di violenza e sangue, ma attualmente gli esports più popolari sono basati su giochi classificati PEGI12 o 16, destinati a un pubblico dai 12 /16 anni in su. Parlo di titoli come League of Legends, Valorant, Hearthstone, Fifa, NBA2K, Clash Royale o Rocket League”.

Infine la previsione, anche sul proprio business: “Guardando al futuro noi di Gamesports Lleida abbiamo in programma l’apertura di un’accademia e la costruzione di un palazzetto dedicato agli esports. Crediamo che nel giro di 5-10 anni troveremo stadi di esports e accademie in ogni quartiere, come ora ci sono club sportivi con campi da calcio e da basket. Penso che i prossimi Lionels Messi o Lebrons James potrebbero allenarsi anche con mouse e tastiera. E’ stato l’argomento della mia tesi di laurea, e ora sto lavorando in questa direzione”.