Se già non bastavano gli eventi dello scorso anno, con i loro i montepremi e soprattutto con i numeri riguardanti i partecipanti (presenti o virtuali) ci hanno pensato poi, tra la fine dello scorso e l’inizio del nuovo anno, gli analisti e gli esperti del settore a dirci che il 2019 potrebbe essere l’anno in cui la scena eSports (anche quella italiana) si avvicina a maturazione, affermandosi definitivamente.

Certo, per una partecipazione alle Olimpiadi, come abbiamo già visto, il discorso è ancora lungo (e magari interessa anche sempre mano a chi di eSports si occupa), ma il peso specifico degli eSports è sempre maggiore e lo testimoniano partnership importanti con aziende che poco hanno a che fare con il mondo videoludico, tantomeno con quello competitivo.

Eppure non sono mancati, anche recentemente, i cori di Cassandre più o meno improvvisate, che hanno lanciato grida di allarme sul futuro di questo tipo di spettacolo. Sarà che fare un titolo che annuncia catastrofi quasi automaticamente premia con qualche clic in più, e a qualcuno basta.

Dapprima c’erano state le notizie delle limitazioni imposte ai videogame dal Governo cinese. Qualche settimana fa ha iniziato Blizzard a dare qualche scossone alla scena. Licenziamenti, inviti a farsi da parte a suon di migliaia di dollari rivolti a decine di dipendenti, una ristrutturazione interna ancora poco chiara e che ha finora portato ad abbandoni eccellenti, e in parallelo il crollo in borsa delle azioni della società, attualmente valutate 46,54 $, con un -9,37% dopo il divorzio da Bungie (ma erano già in forte calo a fine 2018; e pensare che il 2 ottobre 2018 avevano raggiungo il massimo storico di 82,39 $). Tutti elementi che, certo, presi uno in fiano all’altro, possono fare sollevare nuvoloni neri sul panorama dei titoli targati Blizzard.

A peggiorare ulteriormente la situazione, qualche giorno fa, un sondaggio rivolto da Blizzard ai giocatori di Hearthstone, nei quali l’azienda chiede, tra il resto, se sarebbero disposti a giocare ancora nel caso non vi fossero eventi targati Blizzard sulla scena. Arrivare a titoli come “Blizzard abbandona Hearthstone” è stato il passo subito successivo.

La scorsa settimana a rovinare qualche sonno ci ha pensato invece Asus Rog, un pilastro fondamentale per la scena eSports internazionale, che ha annunciato di voler interrompere la collaborazione con alcuni team in Spagna, per iniziare a creare contenuti e, di fatto, per proporsi con un’altra immagine al mondo del videogame competitivo.

Certi titoli e alcuni commenti che ne fanno seguito sui social danno l’idea che, soprattutto in Italia, il mondo degli eSports non sia ancora così “adulto” da reggere mentalmente a questi scossoni. Così ogni volta quella che potrebbe essere una semplice analisi si trasforma in un “mamma li turchi!” e quasi pare che il bel gioco debba fermarsi domani, dopodomani al massimo.

È questo un altro aspetto di quel cambio di mentalità che il mondo eSports italiano deve apprestarsi a fare nei prossimi mesi. Abbandonare gli improvvisi sconforti adolescenziali prendendo coscienza che nessuna realtà sarà mai definitivamente consolidata, perché la necessità continua di novità e di un rimescolamento delle carte è parte intrinseca di quel mondo dell’entertainment di cui anche gli eSports fanno parte a pieno titolo.

D’altro canto proprio le premesse che abbiamo visto, i numeri registrati negli ultimi mesi, dovrebbero fugare ogni dubbio sulla tenuta del sistema. Essendo agli esordi, in Italia, è comprensibile che molti continuino a temere che il sistema sia troppo fragile, che possa cedere di fronte a cambiamenti improvvisi di mercato o a causa di qualche virata decisa per ragioni di marketing, vivendo con la paura che da un momento all’altro il bel sogno possa svanire improvvisamente. Gli eSports sono ancora un settore di nicchia, ma il motore è avviato, ormai conta anche in Italia su una base consistente (di appassionati e di professionisti attivi) e non si fermerà di certo, neanche se dovesse abbandonarlo una major.